Il valore della Cooperazione
Accogliere non significa solo aprire una porta, ma costruire comunità che vivano l’incontro come pratica quotidiana. La Settimana dell’Accoglienza richiama questo principio in un tempo segnato da guerre, crisi climatiche e nuove povertà. È anche invito a chiederci che società vogliamo: chiusa nella paura o aperta alla corresponsabilità.
In questo quadro la Cooperazione Internazionale trentina assume un valore speciale. Nata come risposta non predatoria alle crisi globali e fondata sulla reciprocità, è diventata un laboratorio riconosciuto oltre i confini provinciali. Non si limita a gestire progetti, ma costruisce reti: lavora con comunità africane impegnate nell’agricoltura sostenibile, con villaggi latinoamericani che difendono l’accesso all’acqua, con realtà balcaniche e asiatiche che ricostruiscono il tessuto sociale dopo guerre e migrazioni. Parallelamente ha portato nelle scuole e nelle associazioni percorsi di educazione alla cittadinanza globale, formando generazioni attente a giustizia sociale, sostenibilità e diritti umani.
Raccontare la cooperazione significa raccontare storie: a Kharkiv un ragazzo studia nei sotterranei sognando la maturità, a Gaza una madre corre tra le macerie con i figli, in Africa milioni affrontano desertificazione e fame scegliendo rotte migratorie disperate. A Belgrado studenti chiedono verità, mentre conflitti in Sudan, Etiopia, Congo o Yemen restano dimenticati.
Queste ferite ci riguardano da vicino. La paura del lavoro che manca, delle guerre vicine e delle disuguaglianze cresce anche qui. Mentre la politica parla di sicurezza con il linguaggio delle armi, l’Europa nel 2025 spenderà 381 miliardi per la difesa, il 2,1% del PIL. Intanto i fondi per la cooperazione calano: nel 2023 l’aiuto pubblico allo sviluppo si è fermato allo 0,36% del reddito nazionale lordo, lontano dallo 0,7% promesso. La Provincia di Trento ha di fatto cancellato lo 0,25% previsto per legge. Celebriamo la pace nei discorsi, ma investiamo nella guerra.
Dietro i numeri ci sono vite: 420 milioni di persone in povertà estrema, un abitante su cinque senza cibo sufficiente, bambini che muoiono per malattie curabili, donne costrette a partorire senza assistenza. Intanto l’1% più ricco possiede più del restante 99%. Le disuguaglianze, amplificate da crisi economiche e climatiche, colpiscono soprattutto donne e lavoratori precari. Servono politiche fiscali eque, investimenti in sanità, istruzione e welfare, strumenti per ridurre l’ingiustizia che alimenta instabilità e migrazioni.
È qui che la Cooperazione Internazionale, anche trentina, è decisiva. Non ha i vincoli dei governi né le logiche geopolitiche delle potenze. Vede l’essere umano prima delle bandiere. Non spegne guerre con accordi fragili, ma riduce le condizioni che le alimentano. Un pozzo non è solo acqua, è pace tra comunità in conflitto; una scuola non è solo muri, è futuro che resiste; una clinica aperta è segno di comunità non abbandonata.
Dal genocidio di Gaza all’Ucraina, dall’Africa all’America Latina passando per i Balcani, le realtà trentine inventano soluzioni: acqua, cure, energia sostenibile, microcredito. Non è beneficenza, ma prevenzione del collasso sociale. Non sostituiscono i governi, ma mostrano una strada: sviluppo sostenibile come lavoro dignitoso, empowerment femminile, formazione, sostegno all’imprenditoria agricola e artigianale.
In Trentino questa pratica ha radici profonde: migliaia di cooperanti, volontari e non, portano avanti progetti che sono atti di giustizia, costruiscono ponti tra territori lontani e rafforzano la coesione locale. Ogni euro investito in cooperazione è un euro investito in sviluppo, in pace, un argine contro la barbarie.
Oggi la posta in gioco è altissima: sopravvivenza, pace, giustizia sociale. L’Agenda 2030 indica obiettivi chiari – ridurre disuguaglianze, promuovere istituzioni solide – ma senza scelte politiche restano slogan. Il Piano Mattei per l’Africa potrebbe diventare occasione, se basato su partenariato autentico e non su carità calata dall’alto.
La globalizzazione dei mercati ha prodotto squilibri e nuove povertà. È tempo di una globalizzazione della solidarietà, non come utopia ma come condizione necessaria per affrontare sfide comuni. E il Trentino deve tornare a investire in
queste realtà, grandi e piccole, che costruiscono ponti di cooperazione, con sostegno pubblico, innovazione e nuovi partenariati. Perché la cooperazione internazionale non è una parentesi, ma una via maestra per restituire senso alla parola “umanità”.
E mentre riflettiamo su queste sfide, non dimentichiamo chi, come Alberto Trentini, ha rischiato la vita per progetti di cooperazione. A loro va il sostegno più forte senza quel coraggio, le parole resterebbero vuote.
Maurizio Camin
Presidente Farete
Rete Trentina di Organizzazioni di Cooperazione Internazionale